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9 miti da sfatare sul mondo del coding

Alla parola programmatore per molti salta alla mente l’immagine di un genio dei computer, con occhiali dalle lenti a fondo di bottiglia e la schiena ricurva per le troppe ore incollato alla tastiera. Ci immaginiamo una stanza semibuia, tre schermi come unica fonte di luce e il suono incessante delle dita sui tasti. 

Questi stereotipi, apparentemente inoffensivi, possono ostacolare la scelta verso l’apprendimento della programmazione. Anche se incuriositi da questa disciplina, tanti si faranno scoraggiare da preconcetti infondati, perdendo l’occasione di imparare un’abilità utilissima a livello lavorativo e stimolante per la mente. Sfatiamo allora una volta per tutte i più comuni miti sul mondo del coding per renderlo più accessibile a tutti e tutte.

1. Imparare a programmare è difficile

Togliamoci subito questo peso: il mito che la programmazione sia una disciplina quasi impossibile, che solo i geni possono apprendere. In realtà imparare a programmare non è così diverso dall’imparare una lingua straniera. Anche i linguaggi di programmazione, proprio come il giapponese o il tedesco, sono fatti di vocaboli, grammatica, sintassi, e hanno lo scopo di comunicare (in questo caso con i computer). Esattamente come una lingua straniera, con costanza e impegno chiunque può imparare un linguaggio di programmazione. L’importante è trovare materiali adatti al proprio modo di apprendere, possibilmente seguendo un corso intensivo con il costante supporto di tutor e docenti. Il L'Hackademy di aulab è un corso in diretta streaming con lezioni che si svolgono all'interno di un'aula virtuale dove è possibile interagire con i docenti e con la classe, esercitazioni pratiche con tutor dedicati e materiali on demand. È il primo passo per iniziare a programmare anche partendo da zero e consente in soli 3 mesi di acquisire le competenze necessarie per scrivere codice ed avviare una nuova carriera professionale come sviluppatore web.

2. Questo o quel linguaggio è il migliore

I campanilismi fanno parte della natura umana: per alcuni è la squadra del cuore, per altri il linguaggio di programmazione prediletto. In realtà ogni linguaggio ha un suo scopo specifico ed è utile per progetti diversi. Diverso, però, non significa migliore o peggiore. La domanda giusta, quindi, non è “Qual è il linguaggio migliore?”, ma “Quale linguaggio è più adatto per realizzare questa applicazione mobile, o l’interfaccia di questo sito web?”.

3. Sono troppo vecchio (o troppo giovane) per imparare

Non c’è un’età giusta per imparare a programmare. Come per l’apprendimento delle lingue, ci sono vantaggi sia nell’iniziare presto che nel dedicarsi a questa attività da adulti. I bambini e i ragazzi di solito imparano con facilità, perché i loro cervelli si stanno ancora sviluppando e “assorbono” più agevolmente nuove informazioni. Gli adulti, d’altro canto, hanno una maggiore disciplina, resistendo meglio alle inevitabili difficoltà.

4. Quello del programmatore è un lavoro noioso e ripetitivo

Niente di più falso: il web developer deve essere creativo, cercare soluzioni a problemi sempre nuovi e saper pensare fuori dagli schemi. Il suo lavoro è fatto di sfide quotidiane che non lasciano certo spazio alla noia. Inoltre, non è neanche vero che trascorra tutto il tempo incollato allo schermo. Il successo di un progetto dipende infatti dalla collaborazione di un team e dal dialogo con il cliente, rendendo il lavoro del programmatore molto più ricco di interazioni sociali di quanto si pensi.

5. Per programmare bisogna essere geni della matematica

In realtà per dedicarsi al coding bastano in generale le conoscenze di algebra che chiunque abbia completato la scuola dovrebbe possedere. Soltanto aree specifiche, come lo sviluppo di videogame o la creazione di algoritmi, richiedono competenze più avanzate. Anche in questo caso, però, si possono usare strumenti e librerie che rendono la vita più facile.

6. Imparare un linguaggio alla perfezione è sufficiente

Specializzarsi e diventare esperti in un’area della programmazione è una buona scelta, ma non significa che dopo aver “finito” di imparare un linguaggio non ci sia più niente da studiare. Per prima cosa, capita che linguaggi e tecnologie diventino obsoleti ed è quindi bene evitare di circoscrivere troppo le proprie conoscenze. In un campo in rapida e continua evoluzione, poi, aggiornarsi regolarmente è necessario per rimanere in pari con i cambiamenti del settore.

7. Programmare è un lavoro per soli uomini

Dovrebbe essere ormai superfluo dire che i lavori per soli uomini non esistono, e lo stesso vale per la programmazione. È vero che il numero di donne nel settore Ict è di gran lunga inferiore, fermandosi in Italia al 14,8% [fonte: Women in Digital]. Ciò non è però dovuto a un’innata minore predisposizione per la tecnologia, ma a stereotipi di genere duri a morire. Il numero di donne che imparano a programmare è però in costante crescita e le iniziative di governi ed enti privati per la parità in questo settore fanno ben sperare. Per chi ancora non è convinto ricordiamo proprio una donna, Ada Lovelace, è da molti considerata la prima programmatrice di computer al mondo.

8. Serve una laurea per imparare a programmare

Sicuramente un percorso universitario può offrire conoscenze approfondite nel campo, ma non è l’unico modo per entrare nel mondo del coding. Alcuni programmatori imparano in modo autonomo grazie a risorse in linea, mentre altri scelgono bootcamp di programmazione intensivi come Hackademy organizzato da aulab

9. Programmare è un lavoro per nerd

Speriamo sia chiaro, dopo aver sfatato tutti questi miti, che programmare è una disciplina davvero per tutti. Non tutti gli sviluppatori sono nerd che non escono di casa e passano la vita di fronte al computer. Alcuni amano lo sport, o le serate al pub, oppure le escursioni in natura. Ricordiamoci che anche Neo di Matrix si occupava di programmazione. 

E che male c’è, poi, nell’essere un po’ nerd?

Non c’è dubbio che farsi dissuadere da questi stereotipi sarebbe un peccato. Il mondo della programmazione offre ottime prospettive di carriera, sfide quotidiane e un lavoro che non annoia mai. Meglio lasciare da parte questi miti su coding e programmatori, e mettere mano alla tastiera.

 

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